Fragment esplora corpi, piani, spazi, volti attraverso la scultura e il disegno. “Immaginiamo un piano nello spazio. Immaginiamo che tale piano possa avere la capacità di sezionare, secondo direzioni perpendicolari o oblique, solidi frattali o variamente articolati che incontra in una precisa dimensione spaziale e temporale. Nel momento in cui il piano ruota e cambia direzione, i frammenti derivanti risultano sempre diversi e le funzioni vanno ogni volta ricalcolate in base alle mutate condizioni. L’oggetto sezionato si presenta in due diverse configurazioni: quella frattale nel suo stato primitivo e quella euclidea definita dal piano di sezione. Le due strutture compresenti nel corpo frazionato sono così soggette a diverse leggi: mentre l’una si basa su un algoritmo, l’altra può essere espressa mediante un’equazione e la misurazione complessiva dell’oggetto è contemporaneamente elementare e complessa. E’ un metodo di non- separazione e non-disgiunzione dei livelli di conoscenza. Paolo Garau utilizza un simile metodo di analisi nella scultura e nel disegno: sezionando con piani ideali, Paolo spezza la continuità delle superfici, differenzia i volumi nello spazio e i risultati del suo plasmare materia ed energia sono segmenti anatomici di un’umanità non meglio identificata, silenziosa, dormiente (cit. “Introspezioni classiche” di Anna Maria Panzera), che custodiscono, protetti come in un grembo materno, informazioni e coscienze significanti. La ricerca artistica di Paolo Garau muove da una conoscenza approfondita della realtà, ma non è visione naturalistica dell’arte classica; procede con la scomposizione degli oggetti ma non è molteplicità di visione del cubismo; deforma la figura ma non è tragica condizione esistenziale dell’espressionismo. Rompe invece la complessità, introducendo la semplicità e innescando un processo di elaborazione interiore. Il bianco e candido frammento non svela l’arcano mondo intimo delle cose, ma lo interiorizza e lo implode in se stesso, al fine di attivare gli inconsci meccanismi di immaginazione. Fragilità, evanescenti travagli, metafisiche memorie rimangono catturati sul levigato piano, anch’esso niveo o ricoperto da una dorata patina. I volti della teoria del piano sono essere anonimi, non riconoscibili nelle precise fattezze, a volte coincidenti con essenze di pezzi anatomici. Lasciano il corpo oltre se stessi e si tramutano in spicchi di realtà possibili e probabili. Si vestono di lontane reminiscenze e si ritrovano trasformati in solidi di rivoluzione dai contorni sinuosi e morbidi. Contengono ogni umano sentire e sperano un semplice e immediato contatto che possa trasferire visioni e immagini. Attendono di essere liberati e acquisire rinnovate identità. E così l’artista, intervenendo sul marmo, sul cemento, sul gesso, compie l’operazione del sottrarre e aggiungere: togliere materia, inglobare energia e non-materia secondo una funzione esponenziale. E dentro trovare un numero infinito di futuri possibili, fluttuare lungo molteplici orizzonti di eventi, coesistere in diverse dimensioni, arrivare all’attimo prima della singolarità dove spazio e tempo finiscono.